Suor Anastasia Pia Biassoni

Suor Pia Biassoni nacque da Enrico e da Luisa Busnelli, a Cesano Maderno, in provincia di Milano, il 2 novembre 1870. Entrò in comunità il 1° gennaio 1891. Alla presa d’abito, 1’8 settembre dello stesso anno, ricevette la destinazione per la Sardegna. Trascorse quattro anni ad Oristano e, nel 1896, passò a Cagliari all’Asilo Carlo Felice, dove apprese molto da suor Maria Calcagno. Nel 1898 fu trasferita ad Iglesias come superiora dell’ospedale civile, dove venivano ricoverati molti minatori. Il clima politico di Iglesias, influenzato da un socialismo sentito e attivo da parte dei minatori, non la scoraggiò, ma la portò a dialogare con essi. All’occorrenza contestava il loro pervicace anticlericalismo, tanto che per amor suo partecipavano alle processioni del Corpus Domini. Poiché confessavano di non conoscere alcun canto religioso, chiese loro se conoscevano l’inno nazionale e, avutane risposta positiva, intonò “Fratelli d’Italia” con grande compunzione dei minatori e scandalo dei benpensanti. Era burbera nei modi, talvolta schietta come un minatore, ma profondamente amante degli emarginati e dei poveri.

Giunse a Sassari nel 1928 come superiora della Casa della Divina Provvidenza, succedendo a suor Aresi. Suor Pia – questo era il suo nome da suora – amò molto gli orfani e i figli abbandonati di madri nubili e di prostitute. Era sbrigativa con i brontolii degli anziani, severa e commovente ad un tempo coi ragazzi che, quando marinavano la scuola, osava chiamare coloritamente “marcioni de la carera” (bighelloni di strada), cercando di punirli con una bacchettina talmente corta che faceva più male alle sue mani che non ai ragazzi che le sfuggivano chiedendo scusa, mentre lei continuava a rimproverarli in dialetto lombardo. Più tardi li raggiungeva dando loro delle caramelle, facendosi promettere che non avrebbero più marinato la scuola. I piccolini, che portava in braccio o per mano aggirandosi per la casa la chiamavano “mamma”. Da vecchia stava seduta in parlatorio sferruzzando golfetti di lana dai più variopinti colori per gli orfani.

Alla sua morte, avvenuta dopo dolorose sofferenze il 15 luglio del 1951 mons. Damiano Filia, cappellano dell’istituto e vicario generale della diocesi, sintetizzò in queste parole la sua vita: “Suor Biassoni peccò nell’amore eccessivo per il povero e per l’emarginato nel corso dei suoi quasi 60 anni di servizio in Sardegna”. Nel ricordino del trigesimo si legge: “Vergine prudente e saggia non lasciò che mai si spegnesse la lampada ardente della carità verso i miseri, nutrendola ogni giorno sino all’ultima sera con l’olio della pietà verso Dio, lo sposo che amò”. Morì a 81 anni di età e 60 di vocazione, tutti trascorsi in Sardegna.