A dieci anni dalla beatificazione di Suor Giuseppina Nicoli, avvenuta a Cagliari il 3 febbraio del 2008, la sua notorietà come testimone della fede e la sua fama di santità crescono e si estendono ovunque. Con l’imminente festa popolare del 20 ottobre, preceduta dal triduo di preghiera, i festeggiamenti spalancano le porte al secondo decennio di grazia per la Chiesa di Cagliari e del mondo intero insieme a tutti i Santi di Dio. Suor Giuseppina Nicoli è una beata lieta e gioiosa nonostante la sua progressiva TBC e le prove dolorose che non le sono risparmiate. Da vera figlia di San Vincenzo de’ Paoli è contemplativa di Cristo nel Povero; nella sua esistenza ha imparato molto, molto bene a riconoscere il suo Gesù in ogni persona che la Provvidenza le fa incontrare. Il suo impegno di carità nel sociale è lungimirante, appassionato, propositivo, materno anche nei riguardi delle donne che scontano la loro pena nel braccio femminile del carcere di Sassari. L’opera delle carceri è stata così amata da Suor Nicoli da superare difficoltà di ogni genere fino ad ottenere, con le dovute autorizzazioni dal Ministero di Grazia e Giustizia e dai Superiori, di aprire già nel 1907 una piccola Comunità di Figlie della Carità all’interno della prigione sassarese. In tutti questi anni abbiamo imparato a conoscere la nostra beata come donna di preghiera e di contemplazione, prestando poca attenzione probabilmente al suo contributo per favorire processi di emancipazione culturale e promozione delle donne. Per le donne in carcere permane in lei la convinzione che solo sollevando lo sguardo a Colui che ci ha creati si possa attraversare tutta la gamma dei propri errori per ritrovare la via del vero sé, la pace interiore preludio di tutte le altre libertà fondamentali della persona umana. Ed è anche per questa sua carità nel sociale che nella diocesi di Cagliari, subito dopo la beatificazione, è stata proclamata patrona delle Opere sociali. Per la donna detenuta che ai suoi tempi vive nell’abbandono più totale, bistrattata nelle sue libertà individuali, senza possibilità alcuna di istruzione e di riscatto, emarginata per il fatto stesso di essere donna, abbruttita nel vizio, quasi senza speranza, comprende molto bene di non potersi permettere scoraggiamento alcuno per arrivare al suo obiettivo. Consapevole delle enormi difficoltà a cui va incontro vuole sostare lei stessa qualche giorno in quel luogo di pena per rendersi personalmente conto dei tanti piccoli dettagli quotidiani delle detenute e delle loro esigenze come anche capacitare le Suore della disponibilità, dedizione e amorevolezza che quel tanto delicato servizio richiede. La breve esperienza a cui si sottopone è abbastanza per una sensibilità come la sua; scrive ai familiari: sarei sempre stata là, mi facevano tanta compassione! e mantiene altresì una vivace corrispondenza con la superiora provinciale del tempo: Le povere carcerate accolsero le suore dimostrando la loro gioia o col sorriso o con le lacrime. Alcune dicevano: non eravamo degne di avere le suore. Altre: ci facciano da madre; oppure: adesso ci faranno pregare, adesso vivremo da cristiane (Scritti GN, QV L 915, alla Visitatrice, Sassari 21 dicembre 1907). Il suo cuore di donna e di madre la porta a progettare belle esperienze di vita al femminile, così insegna loro a dare al tempo un valore diverso, privilegia il dialogo e attività tese a valorizzare la loro femminilità. Arricchisce il quotidiano isolamento carcerario con attività di ricamo, rammendo, lavori a maglia, insegna a leggere e a scrivere fino a suscitare il piacere della lettura e facendosi molta premura di offrire loro i rudimenti della buona vita del vangelo. A tal proposito il suo rapporto epistolare con Suor Visitatrice si fa intenso per domandare e per ringraziare… La ringrazio di gran cuore del suo affettuoso biglietto e del pacco di libri che ha la carità di inviarmi E che giungerà graditissimo, utilissimo per i poveri prigionieri e per le nostre ragazze. Già abbiamo fatto distribuire i libri di cui poteva disporre, e furono accolti con grande gioia, con grande riconoscenza. Voglio dirle ciò che fa a me tanto piacere e si è che, mentre quando andarono le suore alle carceri, le povere detenute prorompevano spesso in orribili bestemmie, ora, grazie a Dio, non si sentono più bestemmie. Le suore fanno pregare quelle povere infelici, fanno loro delle buone letture, e, sebbene ci siano stati dei momenti difficili, … si può dire che le suore hanno delle vere soddisfazioni e che là dentro fanno del bene (Scritti GN, QX L 919, alla Visitatrice, Sassari 29 febbraio 1908). Ad oggi le attività sociali a lei dedicate si moltiplicano oltre che nella Compagnia delle Figlie della Carità anche in quelle parrocchie che hanno imparato a conoscere l’audacia della sua carità creativa, attiva e inclusiva. Suor Nicoli è stata un dono della Provvidenza in un momento di massima povertà della Sardegna; le donne marginalizzate dalla società del tempo hanno avuto in lei un ottimo avvocato che ha favorito e promosso l’intima vitalità umana e spirituale della vita di ognuna; emancipandole dall’isolamento e dalla chiusura in se stesse ha ridato decoro alla loro femminilità senza anestetizzarle in sterili devozionismi ma creando per esse le condizioni per un ambiente di vita più umano, sano e cristiano.

Autore: M. R. Columbano