Chi è Luisa De Marillac?

Nacque il 12 agosto 1591, figlia naturale di Luigi de Marillac, di famiglia aristocratica. Se ripercorriamo la storia della sua vita, inizialmente ella ci appare una donna privata di tutto, anche degli affetti e dei valori più naturali e legittimi, quali: una madre, una famiglia affettuosa ed accogliente. Sin dall’età di tre anni visse nel monastero di Poissy, dove ricevette un’eccellente e completa formazione cristiana e culturale dalle monache domenicane, alle quali l’aveva affidata il padre. Ma alla morte di questi, sopraggiunta nella sua adolescenza, Luisa dovette trasferirsi a Parigi in un modesto pensionato, sperimentando la povertà, che visse con creatività. Cresceva, intanto, in lei il desiderio di consacrarsi a Dio, tra le cappuccine, ma venne rifiutata, perché gracile di salute. Anche il matrimonio, impostole dai parenti e allietato dalla nascita di un bambino, dopo i primi tempi sereni, divenne un legame soffocante a causa della malattia del marito che, dopo un decennio, la lasciò vedova. Nel maggio 1623, durante la grave malattia di Antonio Le Gras, Luisa visse una forte crisi esistenziale che sfocerà in una tremenda crisi di fede, tipica dei mistici. Potremmo leggere tali avvenimenti come un vero disastro, un fallimento totale, ma proprio attraverso questa notte oscura, Dio la preparò all’incontro pieno con Lui, nella Lumière di Pentecoste, il 4 giugno 1623. Ella così narra questo avvenimento:

Il giorno di Pentecoste, (trovandomi a Saint Nicolas-des-Champs) ascoltando la Messa o facendo orazione in chiesa, all’improvviso il mio spirito fu illuminato sui suoi dubbi. E fui avvertita che dovevo restare con mio marito e che sarebbe venuto il giorno, in cui avrei potuto fare i voti di povertà, castità, obbedienza in una piccola comunità in cui alcune persone avrebbero fatto lo stesso.

Cominciava a delinearsi in lei la vocazione al servizio, nella quale trovava spiegazione il suo doloroso passato. Cioè, proprio attraverso quei continui distacchi, il Signore voleva educarla all’amore totale, gratuito, disinteressato; la preparava a divenire donna di carità e di speranza, capace di comprendere le gioie e soprattutto le sofferenze delle spose, delle madri, delle vedove, come dei piccoli orfani e dei giovani, delusi nelle loro aspirazioni, avendone fatta personalmente l’esperienza. Nella Luce di Pentecoste, Luisa non solo intuì che un giorno avrebbe potuto realizzare il suo desiderio di consacrarsi totalmente al Signore, ma intravide anche la forma nuova della sua futura vocazione, che in quel momento le apparve inconcepibile.

Capii allora che sarebbe stato in un luogo per servire il prossimo, ma non potei capire come ciò potesse realizzarsi, per il fatto che ci doveva essere movimento per andare e venire…

Inoltre Dio le fece vedere la nuova guida spirituale: Vincenzo, verso il quale Luisa proverà una certa ripugnanza, anche se si consegnerà a lui, affidandogli tra il 1624 e il 1625 la direzione della sua anima. Sarà lui a farle capire che avrebbe realizzato il progetto di Dio, uscendo da se stessa e dalle mura di casa sua per andare incontro ai poveri. Vincenzo, però, attenderà con grande delicatezza e rispetto che la volontà di Dio si manifestasse. Infatti, il 30 luglio 1628, ella con grande gioia gli comunicherà che nella meditazione si è sentita spinta interiormente a “darsi tutta a Dio nel servizio dei Poveri”. Era il segno che lui aspettava, per cui le scrisse queste parole:

Oh! Chissà, oggi, agli occhi di Dio che albero sarà sembrata, per aver prodotto un tale frutto! Le auguro di essere sempre un bell’albero di vita che produca frutti d’amore ed io, in questo medesimo amore, resto suo servitore.

Così il 6 maggio 1629, Vincenzo la lanciò nel vivo dell’attività apostolica con queste stupende parole programmatiche:

Parta, dunque, Mademoiselle, parta nel nome di Nostro Signore. Prego la bontà divina di accompagnarla, affinché sia consolazione nel cammino, ombra contro il calore del sole, riparo dalla pioggia e dal freddo, morbido letto nella stanchezza, forza nel suo lavoro, ed infine la riconduca in perfetta salute e ricca di opere buone.

Quale missione le aveva affidato? Animare e visitare le confraternite della Carità, alcune delle quali, in quel momento, creavano seri problemi e avevano bisogno di sostegno, di incoraggiamento e di una seria riforma per eliminare gli abusi che si erano introdotti con il tempo. Così, in nome di Dio, Luisa partì con il suo fragile corpo, ma con lo spirito indomito, percorrendo la Francia in tutti i sensi, incontro al suo Dio da scoprire in tutti i fratelli sofferenti. Ma, quale sorpresa! Dio era proprio là, sulle strade della Francia, ad attenderla per celebrare con lei le mistiche nozze, quasi a ratificare il suo sì, totale e generoso, al servizio dei poveri. Significativo è in tal senso questo suo scritto:

Sono partita il giorno di sant’Agata, 5 febbraio 1630, per andare a Saint-Cloud. Alla santa comunione mi sembrò che Nostro Signore mi desse il pensiero di riceverlo come lo sposo dell’anima mia e anzi che quello fosse come una specie di sposalizio e mi sentii unita più fortemente a lui con questa riflessione, che fu per me straordinaria, ed ebbi il pensiero di lasciare tutto per seguire il mio sposo e di considerarlo d’ora in poi come tale e di sopportare le difficoltà, ricevendole come appartenenti alla comunione dei suoi beni.

È chiaro: Luisa sta vivendo la straordinaria esperienza del suo matrimonio mistico con il Signore nell’atto di recarsi a servire i poveri. Ormai lei sa che non è più sola; perciò, forte della forza di Dio, va dove Vincenzo la manda. Basta sfogliare la ricca corrispondenza per scoprire il ruolo fondamentale di Luisa nella fondazione ed animazione delle Confraternite delle Dame della Carità. Nelle sue visite periodiche, rileva lacune e difficoltà, che comunica a san Vincenzo, ricevendo da lui gli opportuni consigli. Così, ad esempio, le risponde per le difficoltà che ha di stabilire i turni per la cucina dei poveri nella Confraternita delle dame di Saint-Nicolas-des-Champs:

Se adesso a ciascuna iscritta della Carità togliesse l’incarico di cucinare la carne, non potrebbe mai più ristabilirlo. Quanto a farla preparare altrove, se qualcuna lo dovesse fare per carità, presto le diverrebbe di peso. Se poi la facesse preparare a pagamento, le costerebbe molto. E dopo un po’ di tempo, le dame della Carità direbbero che la marmitta deve essere portata ai malati dalla donna che l’ha preparata, e così la vostra Carità finirebbe.

In un’altra occasione, così le scrive:

Riguardo alle sorelle della Carità, credo sia bene che le raduni tutte, che leggiate insieme il regolamento e vi adeguiate ad esso, poiché è diverso dagli altri, essendo questa la seconda fondazione. Ma lei, se lo ritiene opportuno, potrà informarle sul modo di lavorare negli altri luoghi e cercare di convincerle a fare lo stesso, specialmente per quanto riguarda l’elezione a vita delle sorelle, il confessarsi e comunicarsi il giorno della morte di una di loro, l’andare a visitare i malati personalmente più che potranno e l’accostarsi più sovente ai sacramenti. Ed infine, per la carne, raccomandi alla sorella incaricata, ch’è la superiora, di farne una giusta distribuzione.

È evidente che in questa confraternita, come forse in altre, il servizio dei poveri e la vita spirituale delle associate lasciavano a desiderare. A Parigi la situazione non era migliore. Le dame di alto rango, che si erano iscritte alle Carità forse anche per moda, a lungo andare non riuscivano più a conciliare i loro impegni familiari e sociali con il servizio dei poveri, perciò mandavano le loro cameriere, le quali, non essendo animate dalla carità di Cristo, facevano di malavoglia tale servizio e bistrattavano i poveri malati; altre si rivelavano inadatte e maldestre poiché non erano abituate a servizi così umili e penosi.

Insomma, la cosa non andava perché Dio voleva che vi fosse una compagnia di giovani espressamente dedite al servizio dei malati sotto la guida di queste dame. La prima fu una povera contadinella; bisogna che ve lo racconti, figlie mie, per farvi vedere come la divina Provvidenza abbia voluto che la vostra Compagnia fosse composta di giovani povere o per nascita o per scelta… Questa povera giovane si era data a Dio per farlo conoscere ai bambini del suo villaggio e, mentre badava alle mucche, aveva imparato a leggere da sola senza che nessuno glielo avesse insegnato… Non appena imparò qualche cosa, istruì subito le sue compagne. Noi andammo a tenere in quel luogo una missione che Dio mostrò presto di gradire. Quella buona figliuola, sentendo dire che a Parigi si assistevano i malati, desiderò mettersi a loro servizio. La facemmo venire e fu messa sotto la direzione di mademoiselle Le Gras e al servizio dei poveri malati di Saint-Nicolas-du-Chardonnet. Poco tempo dopo, colpita dalla peste, morì al Saint-Louis.